Recensioni impossibili: Doppio sospetto

Molto spesso, quando vediamo un film, ci accorgiamo di aver fatto un errore soltanto quando siamo seduti in una poltroncina rossa al buio. Un’altra verità che ho scoperto solo di recente è che le probabilità di commettere questo genere di errore aumentano esponenzialmente quando non sappiamo cosa vedere e mettiamo l’istinto, o chi ci accompagna, in condizione di decidere la nostra sorte. E allora capita che sulla scia di un ritrovato entusiasmo verso la settima arte ti fai trascinare al cinema in un anonimo martedì pre-quarantena e, non trovando il film che speravi di vedere, ti ritrovi ad essere 1 delle 4 persone accomodate nella sala Mastroianni per assistere a un pluripremiato* thriller francese “in stile Hitchcock”.

Dopo la prima scena ultracaricata di tensione per l’organizzazione di una festa a sorpresa, capisco che la storia avrà presto dei risvolti drammatici e quando dico storia intendo quella della mia vita; va bene, anche quella del film precipita presto nella tristezza con il ragazzetto che precipita invece dalla finestra e lascia il film intorno al minuto 20. Non ho messo uno spoiler alert perché reputo che difficilmente qualcuno che legge questo articolo guarderà anche il film. A questo punto, mentre maledico, a un volume udibile alla numerosa platea, chi mi sta accanto, affogo il rammarico nelle patatine al mango con un volume ancora più udibile mentre sullo schermo gli eventi prendono una lenta ma inesorabile piega psicodistruttiva che, ragionando a mente fredda, si sviluppa in parallelo al mio personalissimo psicodramma, solo più lentamente. 

Un paio di aperitivi imbarazzanti e uscite insensate del bambino sopravvissuto dopo, ci ritroviamo a capire che il destino spesso accoppia nelle villette bifamiliari famiglie con donne di mezza età psicolabili e paranoiche e che il sogno di vivere in una casetta a un passo dalla città ma anche a un passo dalla campagna è alimentato da nient’altro che appositi farmaci: la conferma (non) tarda ad arrivare quando in un lunghissimo finale trascinato (probabilmente la mia percezione era già ampiamente compromessa) avvengono n°3 (tre) omicidi in seguito ai quali si formerà una felice coppia mista madre-figlio che dall’ultima scena sembrerà non cavarsela neanche tanto male, viste le premesse. 

Quando si accendono le luci questa bizzarra giuria di quattro persone è unanime nel definire ciò a cui ha appena assistito un insulto a Hitchcock ma soprattutto nel criticare le brutte intenzioni, la maleducazione dei regazzini della Francia (?) Degli anni ’50 (?). E quindi ci assegniamo un premio della giuria per la chiusura di un post con due latinismi istituito ad hoc in loco.

*un giorno esporrò la mia personalissima teoria secondo la quale determinate categorie creative possano istituire premi e contestualmente autoassegnarseli nella più grande indifferenza autocelebrativa possibile.